La Corte di Cassazione (Sez. III, Sent., 19/10/2016, n. 21097) ha affrontato il tema della nozione di circolazione stradale del veicolo e della conseguente operatività della

copertura della garanzia assicurativa

da parte della compagnia.

La circostanza di fatto

consistiva nell’utilizzazione di un trattore agricolo quale punto di appoggio fisso per compiere le operazioni di distensione e successivo riavvolgimento di un cavo metallico attraverso la strada (già utilizzato per tirare la legna nel bosco), provocando un incidente stradale mortale.

trattore agricolo

trattore agricolo posto in circolazione stradale

La società assicuratrice deduceva la palese erroneità in cui sarebbe incorsa la corte d’appello nel ricollegare il fatto oggetto di causa all’ambito della circolazione stradale, e dunque alle previsioni di cui all’art. 2054 c.c. , del tutto estranea alla fattispecie concreta dedotta in giudizio: a suo dire il conducente aveva destinato il proprio trattore a una forma di impiego totalmente svincolata, sul piano funzionale, dalla natura del veicolo, limitandosi ad avvalersene quale semplice “massa statica” di appoggio per la distensione di un cavo metallico, con la conseguente erronea riconduzione del sinistro all’ambito di operatività della garanzia assicurativa convenuta tra le parti.

La Corte invece rilevava come la vicenda ricostruita attraverso l’istruttoria processuale evidenziasse con chiarezza la sua stretta connessione con la circolazione stradale del trattore Fiat, dovendo ritenersi estesa, la relativa abilitazione, al compimento di tutte le operazioni proprie del veicolo, compreso l’uso del verricello e del cavo su di esso predisposto. E ciò, indipendentemente dall’uso contingente di tali accessori; ossia indipendentemente dall’utilizzazione del cavo per la finalità del traino, o dell’uso del verricello per il compimento di una semplice operazione di arrotolamento del cavo, poichè proprio la movimentazione lungo la strada pubblica del trattore, e il conseguente contestuale srotolamento del cavo a esso vincolato, furono la causa immediata e diretta del sinistro.

Pertanto diviene irrilevante la finalità dell’uso di detti accessori (a fini di traino ovvero per l’avvolgimento del cavo), una volta attestato che la distensione e la pericolosa collocazione del cavo sulla sede stradale era avvenuta nel corso e a seguito di un’operazione comunque connessa alla circolazione del trattore (con i suoi meccanismi operativi accessori) sulla via pubblica.

Invero nell’ampio concetto di circolazione stradale indicato dall’art. 2054 c.c. , deve ritenersi compreso qualsiasi atto di movimentazione del veicolo o delle sue parti, con la conseguenza che, quando tali atti avvengano sulla pubblica via, essi danno luogo all’applicabilità della L. n. 990 del 1969 , (ora del D.Lgs. n. 122 del 2005 ), con la conseguente operatività della garanzia assicurativa prestata per la responsabilità civile derivante dalla circolazione stradale.

Fune da traino

Fune da traino

A tale principio non fa eccezione il compimento di attività pericolose (come quella avente a oggetto la collocazione di un cavo d’acciaio trasversalmente alla sede stradale) attuate mediante l’immissione di un veicolo nella circolazione sulla via pubblica; e ciò anche qualora, come nel caso di specie, il responsabile abbia determinato una situazione di pericolo per la circolazione stradale attraverso un’utilizzazione solo marginale o accessoria delle proprietà dinamiche del veicolo (come quella di distendere ed eventualmente riavvolgere un cavo acciaio sul verricello del medesimo veicolo), trattandosi in ogni caso di attività che appaiono legate, sia pure in via indiretta o mediata, al compimento di atti di movimentazione di veicoli o di sue parti compiuti nel quadro della circolazione stradale.

Nell’esporre i suddetti principi la Corte ha richiamato

i precedenti in materia,

tra cui Cass. Sez. Un. 22 maggio 2008, n. 13239, con la quale si era già affermato che qualsiasi atto di movimentazione di un veicolo o di sue parti deve ritenersi posto in essere in funzione del suo avvio nel flusso della circolazione, con la conseguenza che, quando avvengano sulla pubblica via, danno luogo all’applicabilità della normativa sull’assicurazione per la R.C.A..

Tant’è che la norma della L. n. 990 del 1969, art. 1, (al pari del D.Lgs. n 209 del 2005, art. 122), nell’individuare l’oggetto dell’assicurazione per la R.C.A., si esprime nel senso di correlare l’obbligo assicurativo all’essere stato il veicolo posto in circolazione su strade di uso pubblico o su aree a questa equiparate, ma non prevede come presupposto per l’obbligo assicurativo e, quindi, per l’operare della relativa garanzia, che il veicolo sia utilizzato in un certo modo piuttosto che in un altro.

Valga, altresì, considerare che l’art. 2054 c.c. non fa specifico riferimento alle norme sulla circolazione stradale, ma impone uno standard comportamentale che è suscettibile di essere riferito a qualsiasi utilitas traibile dal veicolo in conformità alle sue caratteristiche strutturali e funzionali. Il che non vuol dire ancorare l’operatività della garanzia assicurativa alla mera occasione dell’allocazione del veicolo sulla strada pubblica o su area a essa parificata; quanto piuttosto valorizzare proprio quell’interazione tra veicolo e circolazione che è il fondamento della particolare ipotesi di responsabilità “da attività pericolosa” che è quella di cui all’art. 2054 c.c..

E poichè il “veicolo” dev’essere considerato, in tutte le sue componenti e con tutte le caratteristiche, strutturali e funzionali, che, sia sotto il profilo logico che sotto quello di eventuali previsioni normative, ne consentono l’individuazione come tale ai sensi del C.d.S., “l’uso” che di esso si compia su aree destinate alla circolazione – semprechè sia quello che secondo le sue caratteristiche il veicolo può avere – costituisce “circolazione del veicolo” stesso ai sensi dell’art. 2054 c.c..

Ne consegue che la copertura assicurativa deve riguardare tutte le attività cui il veicolo è destinato e per cui lo stesso circola su strada di uso pubblico o su area equiparata (cfr. Sez. U, Sentenza n. 8620 del 29/04/2015).