Il danno morale – non patrimoniale era una categoria giuridica definita come pregiudizio non patrimoniale che colpisce la persona in sé, nelle sue manifestazioni umane.
Si facevano rientrare in tale ambito il danno biologico, il dolore fisico o la menomazione, il patema o turbamento d’animo, la salute, la reputazione, la riservatezza, l’immagine (anche commerciale), la dignità.
Si tratta per lo più di diritti costituzionalmente protetti, ovvero che richiamano posizioni soggettive previste dalla Costituzione italiana.
Sono lesioni della persona in sé, senza che abbia rilevanza la capacità economica dell’individuo.
Il solco interpretativo della giurisprudenza è mutato radicalmente nel 2008, allorché la Suprema Corte ha azzerato le precedenti categorie del danno morale a favore del danno non patrimoniale (si veda la storica sentenza detta “di San Martino”, Cass. civ. Sez. Unite Sent., 11-11-2008, n. 26972).
Infatti secondo il nuovo indirizzo non esistono sottocategorie del danno non patrimoniale alla persona, essendo tutte le precedenti qualificazioni assorbite nel nuovo e più ampio concetto.
L’evoluzione ha toccato principalmente il danno esistenziale, che si era affacciata con forza quale nuova sottospecie del danno morale, quale un’autonoma voce di danno liquidabile.
Dal 2008 quindi la Cassazione ha ricondotto ogni aspetto lesivo della sfera della persona nell’alveo del danno non patrimoniale.
Al di là delle mere classificazioni, ciò che importa all’operatore del diritto e alla persona che venga lesa da un incidente stradale è la risarcibilità del danno effettivamente patito.
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